Dott.Settembre Roberto

“Mamma ho mal di testa”… Che fare?

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La cefalea è una delle condizioni più comuni che affliggono bambini e adolescenti nei paesi industrializzati, con una prevalenza variabile dall’8% al 60%, con un impatto negativo sulla scuola e l’attività sociale e parascolastica.

In età pediatrica la causa più frequente di cefalea è l’emicrania (75% dei casi circa), seguita dalla cefaleamuscolotensiva (22% dei casi circa) con un re­stante 3% di cefalea sintomatica (organica).

Si può invece pensare ad una cefalea psicogena se il bimbo si lamenta per un mal di testa molto importante, che però contrasta con l’aspetto generale e la storia del piccolo, il più delle volte con un vantaggio secondario (per esempio non andare a scuola, ricevere un regalo, evitare un rimprovero).

Il modo migliore per approcciare questo problema è creare un dia­rio dei sintomi.

L’emicrania, presenta almeno due delle seguenti caratteristiche:

  • localizzazione unilaterale (nei bambini in realtà è più frequentemente bilaterale),
  • dolore di tipo pulsante, con intensità media o forte, aggravata da, o limitante le, attività fisiche di routine.

Alla cefalea si associa almeno una delle seguenti condizioni:

  • presenza di nau­sea e/o vomito,
  • presenza di fotofobia e fonofobia (nel bambino possono essere dedotte).
  • addormentarsi durante o alla fine dell’attacco.

La cefalea tensiva si contraddistingue per:

  • minore frequenza,
  • assenza di peggioramento da attività fisica,
  • assenza di nausea e vomito,
  • possi­bile presenza di fotofobia o fonofobia (ma mai di tutte e due insieme),
  • possibile associazione con disturbi in ambito psichiatrico (depressione) che andrà sospettata ed eventualmente ricercata e trattata.

La causa più comune di cefalea secondaria sono gli stati tossinfettivi (influen­za, tonsillite da streptococco beta-emolitico A) con cefalea associata alla febbre (con dolore anche in sede occipitale) che tipicamente risponde al paracetamolo. Valorizzare in anamnesi l’assunzione di farmaci, essendo la cefalea un possibile effetto collaterale farmacologico discretamente frequente.
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Sono fattori di rischio per cefalee secondarie:

  • anamnesi familiare positiva per aneurismi del circolo cerebrale e/o MAV, ictus o TIA (in particolare le for­me giovanili),
  • malattie ematologiche (difetti della coagulazione ecc.),
  • anamnesi personale positiva per disturbi delle prime vie respiratorie (sinusopatie, adenoidopa­tie ecc.),
  • disturbi odontoiatrici (malocclusione, alterazione dell’articolazione temporo-mandibolare),
  • problematiche neurochirurgiche, come per esempio un malfunzionamento di shunt ventricolo-peritoneale (utilizzato in caso di idrocefalo),
  • neurofibro­matosi tipo I,
  • pregressa radioterapia craniale.

In età pediatrico-giovanile è importante avere a disposizione delle possibilità terapeutiche senza effetti collaterali.

Il trattamento dell’emicrania si basa principalmente sull’eliminazione di fattori scatenanti, su abitudini di vita regolari.

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Tra gli approcci non farmacologici fino ad ora, il pidolato di magnesio è stato usato con successo per il trattamento dell’emicrania nei giovani pazienti, anche se pochi studi hanno confrontato il  trattamento farmacologico con quello non farmacologico.

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Altra soluzione da prendere in considerazione è il Ginkgolide B, estratto dalle foglie di ginko biloba, dotato di azione inibente il  PAF (fattore di attivazione delle piastrine, potente agente pro infiammatorio e nocicettivo rilasciato durante il processo infiammatorio). Questa molecola naturale modula l’azione del glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale.

Sulla base di questa evidenza, uno studio su  30 giovani pazienti affetti da emicrania senza aura (diagnosticata secondo i criteri dell’International Headache Society) trattati presso il Centro Cefalee dell’Istituto Neurologico Besta di Milano  con l’associazione di Ginkolide B 80 mg, coenzima Q10 20 mg, vitamina B2 1,6 mg e 300 mg di magnesio in somministrazione orale, al mattino e alla sera, ai pasti, per 3 mesi.

Nel diario della cefalea nel mese precedente l’inizio della terapia e durante il periodo di trattamento sono stati considerati, con controllo a 3, 6 e 12 mesi:

  • frequenza,
  • durata,
  • gravità degli attacchi
  • numero di analgesici assunti.

I risultati mostrano che la frequenza mensile è risultata notevolmente ridotta dopo 3 mesi di trattamento, con una evidente riduzione dell’uso di farmaci analgesici, confermandosi come una buona opzione per i pazienti affetti da emicrania, in particolare in età pediatrica in cui sono ancor più necessarie terapie senza effetti collaterali.

Bisogna assolutamente sottolineare che la cefalea  può essere un sintomo d’allarme per una patologia grave  ed è necessario rivolgersi prontamente  al medico in caso di:

–  insorgenza dopo sforzi fisici;

–  sensibilità alla postura;

–  peggioramento dopo manovra di Valsalva;blank

–  si associa un aumento della pressione arteriosa;

–  recenti modificazioni psichiche o di comportamento, ed eventuale improvviso peggioramento del rendimento scolastico;

–  cambiamento della tipologia di mal di testa;

–  associazione con sintomi neurologici come disturbi dell’equilibrio, della vista, crisi convulsive (fare attenzione se il piccolo si imbambola per diversi secondi: potrebbe essere una condizione chiamata assenza);

–  età inferiore ai 3 anni;

–  aumento della circonferenza cranica nei bambini piccoli.

In questi casi, siate ancora più attenti nel raccogliere quante più informazioni potete, in modo da poter dare quante più informazioni possibili allo specialista.

MA RICORDATE: NON TRASCURIAMO I SEGNALI DEL NOSTRO CORPO MA NON FASCIAMOCI LA TESTA PRIMA ANCORA DI ESSERCELA ROTTA!!!

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